martedì 8 settembre 2009

Darwin vol. 2

Il 3 settembre 2009 atterro a Darwin alle 3:00 del mattino circa, lasciandomi alle spalle un tempo bruttino a Bali. Essendo giovedì, dopo poche ore di sonno consumate in van nel parcheggio dell'areoporto, e una giornata passata a rinnovare la Medicare e in biblioteca a scroccare internet riesco finalmente a visitare il famigerato Mindil Beach Sunset Market, in cui si può trovare cibo da ogni angolo dell'Asia, souvenirs, suonatori di didgeridoo e cianfrusaglie varie. Il mercato in se' è carino e offre una vasta gamma di cibo. Mi sarei pappato di tutto se non avessi fatto il pieno di cibo asiatico in Indonesia. Alla fine infatti le portare principali sono uguali un po' in tutti gli stand. Il tramonto non ha nulla di particolare. Dopo il deserto e l'Indonesia posso dire di averne visti decisamente di più belli. Anyway l'atmosfera è piacevole e a suonare c'è un gruppo molto coinvolgente: gli EmDee, batteria e didgeridoo, che fanno ballare a ritmi techno-tribal.
Al Sunset Market ci sono poi tornato anche la domenica dopo scoprendo con poco stupore che di domenica il cibo costa in media 1,50 $ in più! :P
Oggi è 8 settembre e le giornate trascorse fino ad ora mi hanno visto impegnato ad aggiornare il blog e ad oziare a Lake Alexander in attesa dell'ispirazione per partire.
Oggi sembra essere la giornata adatta, infatti tra poche ore farò rotta con Marco, un ragazzo di Bergamo conosciuto ieri qui in biblioteca, verso Katherine, trampolino di lancio per la west coast.
Credo sia tutto per questo primo mese e mezzo di viaggio, anche se ho omesso volontariamente o meno un sacco di altre cose che forse mi torneranno in mente dopo o forse no.

Anyway da adesso si riprende la vita on the road!!!

ROAD TO THE WILD WILD WEST

Le mie meritatissime ferie

Martedì 11 agosto 2009 inizia la mia avventura balinese. Avventura è il termine esatto per come è nata e per come si è poi sviluppata...Tanto per cominciare dovevo restarci 8 giorni ma già dopo sole 2 giornate avevo prolungato la permanenza di altre 2 settimane...
Atterro a Denpasar (in realtà l'areoporto è molto più vicino a Kuta Beach, ndr) alle 21:00 ora locale e prevedibilmente all'uscita vengo assalito da tassisti più o meno abusivi che tentano anche di vendermi accomodation a prezzi imbarazzantemente alti rispetto alla media.
Resisto comunque ai copiosi assalti e cerco di individuare altri backpackers in standby come me. Dopo pochi minuti noto due ragazzi alle prese con due ragazze, le quali però erano in partenza. Colgo la palla al balzo e chiedo loro se gli va di condividere un taxi per Kuta. A loro sta bene e mentre iniziamo a cercare un tassista dalla faccia onesta si aggiunge a noi un altro ragazzo cileno di nome Javier. Anche lui viaggia da solo ed è in cerca di cabmates per Kuta.
Dopo pochi minuti dall'atterraggio a Bali dunque non ero più da solo.
I prezzi che ci sentiamo chiedere per un passaggio a Kuta hanno del ridicolo (scopriremo poi): 200.000 rupie, circa 25 $ australiani, per pochi km di strada.
Dopo svariati “chessò?!” da parte mia finalmente un tizio ci offre il trasporto a “sole” 100.000 rupie, che diviso 4 fa 25.000 a testa: 4 $.
Smollati a Kuta iniziamo un girovagare di 2 ore e mezzo tra tutte le guest house e home stay che incontriamo ma la risposta è sempre la stessa: FULL!
Demoralizzati e stanchi morti per il vagabondare con zainacci in spalla, è il momento di riposarci un attimo e di mandare giù un boccone. Ci fermiamo quindi nella prima bettola a tiro e ordiniamo un piatto a base di riso più cianfrusaglie varie che adesso non vi sto a dire.
Nel frattempo facciamo amicizia con l'oste indonesiano il quale si offre di accompagnare uno di noi in scooter in cerca di accomodation. Va “volontario” Aron, uno dei due ragazzi inglesi, mentre io, Javier e Patrick aspettiamo spaparanzati e beati nella bettola. A turbare la nostra beatitudine arriva dopo circa 20 minuti una butrillona australiana di 37 anni originaria di Perth.
Senza che l'avessimo invitata a sedersi prende posto a tavola con noi e inizia a parlare parlare parlare senza sputare mai a terra. Poco dopo arriva la sua amica, sempre australiana e di Perth. Sono due donne maritate e con figli in vacanza da sole a Bali...e proprj a nuj avevna romb u cazz!
Anyway non tutte le butrille vengono per nuocere. Infatti Aron torna dopo circa un'ora con la prevedibile notizia del “tutto pieno”. Si profila quindi la prima notte balinese in spiaggia quando la butrilla ci offre la possibilità di dormire in stanza da loro in albergo. Stanchi e disperati accettiamo. Ci incamminiamo così verso l'albergo, che si trova a Seminyak, un villaggio poco distante da Kuta. Arrivati lì le due aussie ordinano vodka e limonata e ci offrono da bere a bordo della piscina dell'albergo.
Dopo 5 ore circa dall'atterraggio a Bali ero immerso nella piscina di un albergo ultralusso a sorseggiare vodka lime...GRATIS!!! Non ci potevo credere...
Tuttavia la cosa un po' mi puzzava...e col senno di poi avevo ragione...
Verso le 4:00 am torniamo in camera per il meritato riposo ma c'è un problema logistico: siamo in 6 su due letti king size. E la butrilla da sola si frega una grossa fetta di spazio...
Le tipe senza problemi uniscono i letti e ci invitano a dormire tutti insieme in un enorme lettone.
La puzza aumenta...
La prima a prendere posizione nel lettone è la butrillona visibilmente ubriaca che biascica più volte “You italian guy! Come here!” indicandomi il posto tra lei e il bordo del letto.
TAAAAAAAAAAAAAAAC!
Scoperto ormai il gioco della butrilla (l'altra tipa sembrava più tranquilla) trovo con maestria una scappatoia da quella che era ormai una trappola. Con la scusa di non voler rubare troppo spazio agli altri decido di dormire sul piccolo divano di fianco al letto, lasciando in balia della butrilla il povero Aron, che nel frattempo si era tuffato nel lettone ignaro di cosa lo aspettasse...
(asdhuashduashduashduashuashduashduashasudasuhdasudh ogni volta che ci ripenso mi piego in 8 dalle risate ahudhasudasudhausdhasd)
Per me, Javier e Patrick la notte trascorre più o meno tranquilla, scossa soltanto a tratti dal russare profondo di Javier...Non si può dire lo stesso per Aron, che durante tutta la notte è impegnato a respingere i pesanti attacchi della butrillona.
Senza scendere nei particolari, per lui è stata una notte d'inferno, tant'è che verso le 10:00 del mattino mi sono svegliato e l'ho trovato rannicchiato ai piedi del letto... xD
Non male come prima avventura a Bali.

La seconda giornata comincia veramente tardi e torniamo a Kuta all'ora di pranzo. Ci fermiamo a mangiare qualcosa in una sorta di ristorante e per caso Patrick trova una sistemazione per tutti e 4 a 50.000 rupie a testa a notte, colazione inclusa. Mas que nada...
I successivi 4 giorni a Bali li passiamo scorrazzando per l'isola a bordo di scooter e perdendoci svariate volte a causa della segnaletica verticale lasciata un po' al caso...
Riusciamo comunque a visitare spiagge bellissime e templi altrettanto belli. Uluwatu, Dreamland, Padang Padang e Pecatu per citarne alcuni.
Il secondo giorno di noleggio scooter facciamo meta verso Mount Batur, uno dei tanti vulcani attivi della zona. Ai piedi di questo vulcano si stende un lago sulle cui sponde sorgono diversi villaggi. Decidiamo di noleggiare un barca per visitare un piccolo tempio posto sull'altra estremità del lago, irraggiungibile in scooter. Dividiamo il noleggio con una ragazza serba che vive a Bali da 6 anni e grazie alla quale riusciamo a capire qualcosa in più del tempio e della cultura locale. Si tratta in realtà di un tempio-cimitero dove i cadaveri non vengono cremati ma sepolti vicino ad un albero che copre completamente il tanfo della putrefazione. La ragazza ci spiega anche che si tratta di una pratica unica, in quanto per la religione indu è indispensabile cremare il corpo dopo la morte affinché l'anima sia libera. Dopo il tempio facciamo anche tappa al vicino villaggio. Uno di quelli che vedi solo nei documentari e che è assolutamente al di fuori di ogni percorso turistico. E' un villaggio poverissimo e la gente del luogo è molto cordiale e disponibile, tant'è che alcuni di loro ci accompagnano per un tour del piccolo insediamento.

Dopo 4 giorni di scooter, di comune accordo decidiamo di spostarci su Lombok, un'isola a est di Bali, per sfuggire all'alta stagione turistica balinese, che vede un pullulare di aussie molesti e ubriachi nonché di italiani, che tuttavia non ho trovato casinari come mi aspettavo. Il traghetto che da Padangbai porta a Lembar è uno dei più lenti della storia (nonché uno dei più sporchi e arrugginiti xD). Per percorrere 15 km infatti impiega 4 ore e mezza.
Da Lembar ci spostiamo a Senggigi, dopo una sanguinosa trattativa con l'autista dello shuttle bus.
Lombok è più selvaggia di Bali, in quanto non ancora aggredita dal turismo di massa ed offre una vasta serie di spiagge bianchissime ricche di conchiglie e coralli.
A Senggigi il secondo giorno assistiamo allo spettacolo folkloristico della “stick fighting”, che fa parte della tradizione lombokiana. Si tratta di una lotta tra esponenti di East, West, South e North Lombok eseguita a passo di danza che vede i due contendenti combattere con uno scudo e un bastone di legno. Vince chi colpisce sul capo l'avversario. E' uno spettacolo affascinante e nonostante i duelli siano alquanto duri e abbastanza cruenti, i due contendenti al termine si abbracciano in segno di stima e rispetto. E' molto divertente osservare le espressioni dei due contendenti durante il combattimento e non sono rari sberleffi e cenni di scherno tra i due.
A Mataram invece, capitale di Lombok, veniamo invitati da un tizio del posto alla “cock fighting”: la lotta dei galli. L'avrete vista 3.000 volte in tv per cui è inutile che la descriva. Ed è proprio come si vede in tv! Cioè con le gente che scommette e urla per incitare i galli a scannarsi reciprocamente. Un tizio del luogo che parlava un po' di italiano ci ha spiegato che si tratta di una tradizione indu, secondo la quale il sangue dei galli versato serve a tenere buoni gli spiriti.

L'esperienza più bella che ho fatto a Lombok è senz'altro la scalata del vulcano attivo Rinjani. Partenza da 600 mt e arrivo a 2.600 mt dopo 7,5 km di percorso in salita. E' stata forse la cosa più faticosa che abbia mai fatto ma lo spettacolo in cima mi ha ampiamente ricompensato. Essendo un vulcano attivo si può vedere e sentire la lava sgorgare dal vulcano, che è formato da un cratere esterno (scalabile) un lago interno e un cratere più piccolo e attivo all'interno del lago.
Lo spettacolo di notte è da mozzafiato. Il rumore della lava che sgorga è impressionante e di tanto in tanto è possibile udire delle vere e proprie esplosioni, mentre il colore rosso vivo della colata risalta ancora di più nelle tenebre.

Dopo 4-5 giorni trascorsi a visitare Lombok e soprattutto per riposarci dopo la tremenda esperienza fisica del Rinjani, facciamo rotta verso 3 isole minuscole poco distanti da Lombok: le Gilis. Sono 3 isole davvero piccole. La più grande infatti, Gili Trawangan, dove abbiamo soggiornato noi, è percorribile a piedi in loop in circa un'ora. Essendo alta stagione ed essendo un posto esclusivo data la sua dimensione, i prezzi per le accomodation erano a livelli stratosferici così io e Javier decidiamo di dormire in spiaggia sin dalla prima notte, lasciando i bagagli nel magazzino di una guest house che il proprietario ci ha gentilmente lasciato usare gratis.
L'atmosfera su Gili Trawangan e anche sulle altre Gilis è onirica. Difficile trovare un posto al mondo più rilassato, grazie anche alla mancanza di mezzi a motore, cani e polizia. :P
Molta gente arriva alle Gilis per trascorrervi 2 o 3 giorni e finisce col restarci più a lungo. E così è successo a noi. Per ben due volta abbiamo rimandato la partenza di un giorno semplicemente perché è difficilissimo staccarsi da quello che ha tutti i crismi di un paradiso.
Su GT io e Javier abbiamo fatto amicizia con un gruppo di musicisti reggae indonesiani che vivono lì durante tutto l'anno. Molti di loro non sono nati lì ma vi si sono trasferiti per il clima e l'atmosfera. E io li capisco!!!
Per due sere siamo stato in loro compagnia a fare jam session reggae sulla spiaggia al tramonto (uno dei più belli mai visti finora), dopo il quale, abbiamo cenato con red snaper alla brace, accompagnato da riso, chili e verdure da mangiare solo ed esclusivamente con le mani. Una delle cene più buone che abbia mai avuto...anche perché completamente gratuita!!! xD
Oltre ad oziare e ad ammirare tramonti da favola (un rito immancabile su Gili Trawangan) io e Javier siamo anche andati a fare snorkeling. Pesci coloratissimi, mante, tartarughe, piccoli squali e coralli spettacolari pullulano nel mare delle Gilis. Peccato non aver avuto a disposizione una fotocamera adatta perché la varietà di colori e di forme di vita era impressionante.

Il 30 agosto finalmente troviamo la determinazione di lasciare Gili Trawangan e dopo circa 9 ore di viaggio in barca, shuttle bus, traghetto e di nuovo shuttle bus, io e il mio tripmate cileno torniamo a Bali in località Ubud, dove si trova la Monkey Forest, un tempio immerso nella giungla e abitato da scimmie.
A Ubud trascorriamo un paio di notti, giusto il tempo di visitare la Goa Gajah (o Elephant Cave) e di assistere alla Barong dance, una delle danze folkloristiche di Bali.

Il 1 settembre saluto Javier, diretto a Java, e torno a Kuta da solo per un meritatissimo massaggio balinese (le migliori 40.000 rupie spese a Bali) e per l'ultima serata allo SkyGarden, la nostra discoteca preferita, in compagnia di Anna e Ruth, due ragazze rispettivamente tedesca e israelo-olandese, conosciute a Gili Trawangan.
Il giorno dopo, grazie alla ormai consumata esperienza in bargaining con gli indonesiani, riesco ad affittare uno scooter per un'intera giornata incluso accompagnamento in areoporto a sera a 50.000 rupie, prezzo standard per il solo noleggio e per corsa in shuttle bus verso l'areoporto. Tutto ciò per visitare finalmente uno dei templi più famosi di Bali, Tanah Lot. Si tratta di un tempio costruito su di una scogliera a picco sull'oceano, che durante l'alta marea diventa virtualmente irraggiungibile a piedi. Tanah Lot è uno spot stupendo per il tramonto (googleggiate gente, googleggiate), ma ovviamente quando ci siamo andati io e Neta, un ragazzo israeliano conosciuto a Lombok, il tempo faceva alquanto cagare e abbiamo visto delle “splendide” nuvole.
La sera stessa riparto da Bali, dove il terremoto che ha colpito la parte ovest di Java non si è sentito (e manco nella parte est mi ha confermato poi Javier), alla volta di Darwin dopo 22 giorni di più o meno “ferie” dal mio viaggio in terra australe.

lunedì 7 settembre 2009

Darwin vol.1 + Litchfield

Venerdì 7 agosto io e Ludovico riemergiamo finalmente dal Kakadu diretti a Darwin. La strada è abbastanza lunga e il caldo è notevole. Prima di giungere nel CBD di Darwin si passa per una serie di suburbs disposti lungo la Stuart Highway e si costeggia l'areoporto.
Darwin è una citta giovane e rilassata, costruita intorno alle postazioni militari della seconda guerra mondiale, durante la quale la città ebbe un ruolo molto importante per gli Alleati nella lotta contro l'espansione dell'impero giapponese verso sud.
C'è una cosa che accomuna Foggia e Darwin: entrambe sono state bombardate e pesantemente danneggiate durante la seconda guerra mondiale. La prima nel 1943 la seconda nel 1942.
Il clima a Darwin è semplice: fa sempre caldo. L'unica variabile è l'umidità. Umido in wet season, secco in dry season. In wet è possibile assistere alle tempeste elettromagnetiche, cioè gragnuole di fulmini che si scaricano a terra. Il Northern Territory infatti è il luogo della Terra dove cadono più fulmini in un anno.
You don't wanna be here during the wet...

Ero fermo al semaforo su Mitchell Street (la via dei locali e degli ostelli, ndr) quando all'attraversamento pedonale vedo una faccia conosciuta...lui mi vede e mi punta l'indice contro...io faccio lo stesso. Parcheggio, gli vado incontro e gli dico “ma tu che ci fai qua?!”
Era Jacopo, un ragazzo torinese che avevo conosciuto a gennaio a Sydney e di cui avevo perso completamente le tracce sin da allora. Mi racconta un po' la sua avventura in terra australiana e mi presenta Marco, un suo amico torinese in vacanza per un mese in Oz.
E' stata una cosa assurda ribeccare Jacopo dopo più di 6 mesi e a più di 6.000 km di distanza da dove l'avevo conosciuto.
Un'altra di quelle cose che ti capita solo in Australia... ;)
Dopo aver passato il pomeriggio stravaccati sui giardini della Esplanade, col favore delle tenebre, è il momento di scroccare una meritata doccia al caravan park prima di affrontare la serata che prevede free meal (sempre scroccato), grazie a due amici koreani di Jacopo che alloggiano in ostello, e birra coi monzesi.
Il trick doccia è eseguito senza intoppi e dopo un'oretta, alle 21:00 circa siamo in strada verso il centro.
Arriviamo con un leggero ritardo poiché Ludovico inizia a fare un po' di capricci (vedi seguito) tuttavia la serata scorre tranquilla e faccio due chiacchiere coi ragazzi di Monza chiedendo aggiornamenti sulle recenti vicende italiane. Commento personale: meno male che sto in Australia...
Il programma di viaggio dei monzesi prevedeva per il giorno dopo la visita al Litchfield National Park, distante 100 km circa da Darwin, e io, Jacopo e Marco decidiamo di aggragarci, anche per passare almeno una notte fuori Darwin, dove dormire in strada vicino al centro senza venire multati è impossibile.
La mattina dopo sorpesa! Ludovico non ne vuole sapere di avviarsi. Apparentemente la batteria è scarica...
Istantaneamente uno stormo incazzato di gasteme è volato all'indirizzo del meccanico di Port Augusta che mi aveva garantito (come quello di Sydney d'altronde) che Ludovico non avrebbe più avuto bisogno di interventi. Salta così il Litchfield in compagnia dei monzesi e passiamo metà mattinata a cercare di sistemare Ludovico. Verso le 11:00 sembra tutto apposto e decidiamo di “tentare” la gita al Litchfield.
Arriviamo lì senza problemi ma già al primo stop, i termitai giganti, Ludovico cazzeggia di nuovo e rifiuta di accendersi se non a spinta.
Riusciamo a visitare comunque la prima parte del parco anche se ad ogni fermata occorre riavviarlo a spinta e ogni 2 km circa si spegne...
Trascorriamo la prima notte nel parco in compagnia di una comitiva formata da due canadesi, due tedesche e una slovena. Marco alla chitarra anima la serata, mentre gli altri si riscaldano attorno al fuoco da campo. Verso le 22:00 i due chitarristi, il ragazzo canadese e Marco, si uniscono ad un gruppo di australiani svitati che avevano duettato con loro da una piazzola all'altra cantando sulle note delle canzoni suonate.

Il mattino seguente Ludovico fa ancora il cazzone e spostarsi all'interno del parco è un'impresa dato che si spegne sempre più spesso. Il problema pare essere chiaramente al sistema elettrico, anche perché la spia della batteria, rimasta sempre accesa prima di allora in quanto indica che la batteria è sotto carica, è minacciosamente spenta. Ipotizziamo un problema all'alternatore e dopo l'ennesima fermata per strada soccorsi dal gruppo di australiani della sera prima (molto gentili), finalmente scovo la causa di tutto ciò: un cavetto minuscolo leggermente staccato dalla sua sede. Riplugghiamo stu cazz e cavett e Ludovico rinasce a nuova vita!!!
Essendo comunque tardi decidiamo di trascorrere un'altra notte al Litchfield e di tornare a Darwin il mattino seguente.

Lunedì 10 agosto al ritorno dal Litchfield resto in compagnia di Jacopo e Marco che stavano cercando un van per la west coast. Nel primo pomeriggio li accompagno a Palmerston, una cittadina a circa 15 km da Darwin, per visionare un van. Dopo un po' di trattativa e prova su strada i due torinesi raggiungono l'accordo coi due territorians (completamente fuori di testa, ndr) e si aggiudicano un Toyota Tarago del 1986 in cambio della vecchia Holden Commodore di Jacopo, con la rego scaduta, più soldi.
Loro poi si tuffano subito nel setup del van per partire il più presto possibile per la west coast, mentre io vado in biblioteca a cercare info su Bali.
Saluto così Marco, che aveva il volo di ritorno in Italia per i primi di settembre, e Jacopo, che probabilmente ribeccherò giù a Perth.

Kakadu senza du

La mattina di mercoledì 5 agosto saluto Alex e Dim, i due ragazzi francesi conosciuti a Katherine, e mi avvio verso il Kakadu National Park, uno dei parchi più grandi d'Australia e forse il più famoso a livello internazionale, in quanto habitat naturale per una gran quantità di uccelli migratori e non. Nonostante la fama e la quantità di persone che lo visitano, il Kakadu è ancora a ingresso libero fino ad aprile 2010. Dopo bisognerà pagare un ticket d'ingresso di circa 20$ valido per 2 settimane. Come faccio a saperlo? C'era scritto sull'opuscolo.
Al Kakadu ho trascorso 1 giornata intera più due mezze giornate, dal 5 al 7 agosto. Sicuramente serve più tempo per visitarlo se si dispone di un 4WD poiché in tal caso i siti raggiungibili sono di più. Purtroppo però quello che si può visitare con un normale veicolo non è eccessivamente entusiasmante. Si tratta di billabongs, fiumi apparentemente infestati di coccodrilli e siti di arte rupestre. A mio avviso la parte più bella è il lookout che si trova a nord, vicino Jabiru da cui si domina gran parte del parco e da cui è possibile ammirare un tramonto spettacolare, dopo il quale canguri e wallabies iniziano a scorrazzare per la spianata sottostante.
Forse le mie aspettative erano eccessivamente elevate per via del nome e della fama di cui gode il parco, fatto sta che il Kakadu mi ha un po' deluso e se non fosse stato per il lookout da mozzafiato e i siti di arte rupestre aborigena il mio giudizio sarebbe stato assolutamente negativo.
Anyway, gironzolando per il parco becco 2-3 volte una comitiva di 5 monzesi in vacanza in Australia, che avevo conosciuto qualche giorno prima alla Katherine Gorge. Al terzo incontro decidiamo che è il caso di presentarci e chiacchierando salta fuori che anche loro dopo il Kakadu sono diretti a Darwin per poi andare al Litchfield National Park. Ci diamo così appuntamento a Darwin per andare a bere una birra insieme.

domenica 6 settembre 2009

Nitmiluk National Park & Katherine

Il 3 agosto, d'accordo con Alex e Dim, mi sveglio per l'ennesima volta di buon'ora per fare il check-in del tour in canoa nella Katherine Gorge e verso le 9 siamo già in acqua.
La Katherine Gorge è in realtà una serie di gole, 9 o 10 se non erro, e per passare da una gola all'altra occorre trasportare a mano la canoa al di sopra di rapide e sbarramenti naturali costituiti da rocce, tranne che per passare dalla prima alla seconda gola, in cui occorre percorrere a piedi un tratto di un centinaio di metri senza portarsi dietro la canoa, ché tanto ce ne sono un fottio dall'altra parte.
Il tour della gola prevede notte in tenda in riva al fiume per cui io, Alex e Dim pagaiamo come dei dannati per raggiungere la gola 5, dove ci attende il campsite a noi riservato. Non vi immaginate chissà che. Si tratta semplicemente di una spiaggetta con una toilette lercia in cima ad una collinetta. Sistemate le tende e dopo un pranzo frugale, proseguiamo pagaiata dopo pagaiata lungo le altre gole alla ricerca di coccodrilli d'acqua dolce, che sono molto più piccoli dei “salties” e non attaccano l'uomo a meno che non gli si cachi il cazzo.
La Katherine Gorge è davvero bella e penso che il miglior modo di visitarla sia appunto in canoa lungo il fiume che vi scorre. Le pareti sono molto alte, 20 metri circa in media, ma lungo il percorso si incontrano anche diversi spot più bassi da cui ci si può tuffare. Ci sono anche diverse spiaggette di sabbia bianchissima ma sono tutte ad accesso vietato poiché nesting area dei coccodrilli. Anche loro insomma hanno un certo gusto a quanto pare...
Nel pomeriggio della prima giornata riusciamo ad arrivare alla gola 8, da cui si può accedere ad un bel lookout che la domina completamente. Poi un po' per stanchezza un po' perché si era fatta una certa torniamo indietro al nostro campo base.
La notte ci offre una luna piena spettacolare che illumina a giorno la gola in cui siamo accampati, rendendo superflue torce e headlights.
Il mattino seguente lo trascorriamo pagaiando con calma verso la gola 1 e fermandoci di tanto in tanto per qualche tuffo o per qualche avvistamento di coccodrilli. Io e Dim, in canoa insieme, siamo stati fortunati: ben 3!!! Di cui uno a meno di 5 metri di distanza tant'è che stava iniziando a “ringhiare”! :o
Verso le 4 del pomeriggio siamo di nuovo alla prima gola per riconsegnare le canoe. L'appuntamento successivo coi due francesi è alle 18:30 alla Hot Springs per la cena d'arrivederci, poiché il giorno dopo io sarei partito per il Kakadu.
Arrivo lì, ovviamente in ritardo perché ero andato a scroccare una doccia al Low Level Nature Park con ricaricamento cellulari incorporato, e scopro che i programmi sono lievementi cambiati: la cena si fa ma dopo c'è una specie di party in un ostello. Me lo dovevo far ripetere due volte? La domanda è retorica e la risposta è lapalissiana...
A cena siamo io, Alex, Dim e 3 ragazze francesi in procinto di partire per la west coast. Lo chef (sottoscritto) delizia i cugini e le cugine transalpine con una magistrale pasta con sugo al tonno da leccarsi i baffi! Le 3 francesi, impressionate da cotanta maestria oppure, ipotesi più accreditata, incapaci di farsi manco un toast, mi chiedono di partire con loro per la west coast in veste di cuoco ufficiale in cambio di free breakfast e un massaggio al giorno... Proposta decisamente allettante che purtroppo ho dovuto lasciar cadere...
La serata poi prosegue al party in ostello. Doveva essere una cosa per pochi intimi e invece alla fine c'era un fottio di gente... xD
Verso le 22:30 un tizio tale e quale a The Observer di Fringe (googleggiate o voi che non sapete di cosa parlo) ci chiede senza mezzi termini di smammare in quanto “è tardi e la gente deve dormire”.
Al terzo richiamo decidiamo di andarcene sul serio per continuare il party alla Hot Springs. Il tutto finisce comunque verso mezzanotte quando si azionano gli innaffiatori.

Road to the Tropics - vol.2

La prima tappa del 1 agosto sono le Devil's Marbles, sulla strada per Tennat Creek. E' un complesso di megaliti in stile Uluru ma in scala ridotta, disteso su di una zona relativamente pianeggiante. Siccome si tratta di massi di diverse dimensioni in equilibrio tra di loro o su picchi sottilissimi, i primi esploratori giunti sul posto pensavano che fosse opera del Demonio... -.-"
Da qui il nome.

Circa 200 km dopo si trova Tennant Creek, una cittadina sorta intorno alla vecchia stazione dell'Overland Telegraph, che è anche la maggiore (nonché forse l'unica degna di nota) attrazione. La vecchia stazione comprende oltre all'hub telegrafico anche la residenza degli operatori, un magazzino sotterraneo per i cibi, un gabbiotto per affumicare la carne, un'officina da maniscalco, un piccolo allevamento e un orticello. I riformimenti per le persone che vi lavoravano arrivavano ogni 6 mesi per cui era indispensabile per i marconisti essere un po' dei factotum.
Queste ed altre curiose informazioni le ho imparate visitando dall'esterno il complesso, grazie ad una dettagliata serie di cartelli. E' anche possibile visitare gli edifici internamente ma occorre ritirare le chiavi all'ufficio informazioni di Tennant Creek (distante 12 km) lasciando una deposito di 50$. Troppo sbatti per me...

Archiviata senza eccessivi entusiasmi la pratica Tennant Creek, è finalmente il momento di immergersi nela zona tropicale: rotta per Mataranka!
Purtroppo i progetti non sempre seguono il percorso prestabilito per cui, causa uno pneumatico ridotto all'osso (non sto scherzando, si vedeva la trama metallica interna!), ho dovuto effettuare una fermata di emergenza a Elliot. Vado prima dal meccanico, che era chiuso, vengo perciò "accolto" dalla moglie o dalla madre (non saprei dire), una donna molto rude, al limite della maleducazione, che mi dice che non si prestano crick a nessuno e per cambiare la gomma devo quindi tornare il mattino seguente e pagare per il "servizio".
Dunque saluto e ringrazio calorosamente (e sarcasticamente) l'avida donna e senza pensarci due volte vado al vicino caravan park dove riesco a farmi prestare il crick da un anziano signore molto gentile e cordiale, e cambio la gomma in nemmeno 10 minuti.
Anyway adesso il crick ce l'ho per cui state tranquilli!
Siccome Elliot mi aveva fatto una pessima impressione, guido per un'altra manciata di km e raggiungo Dunmarra, di cui non ricordo proprio nulla, e passo la notte lì.

Il 2 agosto giungo finalmente a Mataranka, dove si trovano un paio di piscine naturali con acqua calda. Troppo facile però buttarsi subito ammollo! Per rendere le cose più divertenti mi lancio in una delle mie camminate kilometriche, complice il fatto di aver ritrovato finalmente un clima e una vegetazione tropicali! Speravo di avvistare qualche coccodrillo ma nulla: solo zanzare e insetti vari. E siccome sono qui a raccontarla vuol dire che nemmeno i coccodrilli hanno avvistato me... xD
Finita la scarpinata umidiccia, durante la quale ovviamente mi sono perso un paio di volte, è il momento del meritato bagnetto: acqua a 34°C = stragoduria. Questo per quanto riguara la Thermal Pool di Mataranka. Non pago (in tutti i sensi asduash) mi immergo anche in un'altra piscinozza naturale poco distante, la Bitter Springs, che però ha “soli” 32°C! xD
Sazio di bagni caldi raggiungo Katherine, circa 100 km a nord di Mataranka, dove, dopo la doverosa visita al centro informazioni e al Low Level Nature Park (con tanto di telefonata di buon compleanno alla mi mamma per il giorno precedente), decido di mettere in atto la tecnica sviluppata giocoforza ad Alice Springs: notte in strada!
Giro un po' per la cittadina, che nonostante sia il terzo centro per grandezza nel Northern Territory è veramente minuscola, e trovo subito uno spot che sembre ideale: le Hot Springs. Sembra proprio un posto che fatto a misura di backpacker: BBQ pubblico gratuito e bagni pubblici con docce!!! Non a caso, infatti, sono presenti sul posto un altro paio di van e 2-3 macchine appostate lì per la notte. La polizia di Katherine infatti non è molto strict per cui, anche se è vietato campeggiare lì, la prima volta che ti beccano non ti multano e te la cavi solo con un risveglio forzato e un ammonimento verbale. Anyway basta andare via prima delle 8:00 per evitare tutto ciò. Parola di backpacker. ;)
Dopo la cena spartanissima (non avendo fuoco ho mangiato pane e tonno...yum yum!) conosco altri due ragazzi francesi parcheggiati col loro van dietro il mio, Alex e Dim. Tra una fregnaccia e l'altra scopro che anche loro il giorno dopo vanno al Nitmiluk National Park, e approfondendo il discorso mi invitano a partecipare al tour della Katherine Gorge in canoa. Casualità ha voluto che loro avevano prenotato per 3, ma il terzo aveva dato forfait all'ultimo.
Non me lo sono fatto chiedere 2 volte e ho accettato... ^^

Alice S(boc)prings

Il mattino del 31 luglio, da buon backpacker, punto la sveglia all'alba sicchè alle 7:30 sono già in giro per Alice. Prima tappa un lookout imbarazzantemente brutto, perché brutta è la città che lo circonda. Seconda tappa il Royal Flying Doctor Service che, come dice il nome, è un servizio che principalmente si preoccupa di far giungere assistenza medica nelle aree remote d'Australia, e secondariamente di trasportare i pazienti da una struttura all'altra nel caso di distanze siderali, cioè quasi sempre qua in Oz. La visita al RFDS si svolge solo ed esclusivamente tramite un piccolo tour da 7$. All'inizio proiettano un filmato esplicativo che mitizza un po' il servizio. Poi si passa alla sala operativa, dove si svolge il lavoro centralizzato, dopodichè ad un museo che espone modellini dei velivoli usati nel corso degli anni più strumenti e strumentazioni varie tra cui medicinali, radiotrasmittenti, utensili infermieristici ecc.
Dopo il RFDS è la volta del cultural precint che racchiude alcuni musei, una galleria, un giardino con sculture, un cimitero storico e il Kookaburra Memorial.
Il biglietto costerebbe 10 $ ma spacciandomi per studente (come sempre qui in Australia) riesco a farlo con lo sconto: 7 $. Il museo naturale è abbastanza noioso. Sono esposti alcune bestie imbalsamate e alcuni pezzi di pietre venute dallo spazio per cui me ne esco sbadigliando dopo manco mezz'ora.
Il Kookaburra memorial è invece molto bello e coinvolgente, nonstante sia poco più che un gabbiotto. All'interno si trova il relitto del Kookaburra, un aeroplanino minuscolo con cui Keith Anderson e Bob Hitchcock, si lanciarono alla ricerca di Charles Kingsford Smith, il cui velivolo, il Southern Cross, aveva dovuto fare un atterraggio di emergenza nel Tanami Desert. Anderson e il suo copilota partirono con provviste scarsissime e utensili inadatti e dopo un paio di atterraggi di emergenza e successive riparazioni precipitarono anche loro nel deserto, mentre beffardamente Kingsford Smith e gli altri vennero tratti in salvo. Nel memorial è spiegata tutta la storia e come fu vissuta dall'opinione pubblica. Il relitto è rimasto per 51 anni nel deserto e al termine degli anni '70 è stato recuperato e trasferito nella sua sede attuale, da cui decollò circa 80 anni prima.
Di fianco al Kookaburra Memorial si trova il museo dell'aviazione, disposto in due hangars. Nulla di eccezionale comunque, un po' come il resto della città, che ho trovato eccessivamente costosa rispetto a quello che offre e poco ospitale.
Deluso insomma da Alice Springs, decido che non è il caso di spenderci un'altra notte e mi metto in viaggio verso nord, inconmtrando dopo 20 km il sito che segnala il Tropico del Capricorno.
Ecco questa penso sia stata la cosa più emozionante legata ad Alice Springs, tolto il Kookaburra Memorial. Per farla breve insomma, Alice Springs fa cagare, costa un botto e le persone sono poco ospitali.

La strada per la meta successiva, Tennant Creek, è ancora lunga per cui, come direbbe Enzuccio! aka Dr.Vinx, meglio “avvantaggiarsi”. Dopo 200 km circa comincia a fare buio e anche per la stanchezza di guidare mi fermo nella roadhouse di Barrow Creek, che ha anche uno spartanissimo caravan park. Anche se chiamarlo caravan park mi sembra troppo. Diciamo che è più un retrobottega sgangherato circondato da quello che dovrebbe essere un motel in costruzione più varie carcasse di mezzi agricoli e semplici veicoli. Tutto in mezzo al deserto. La roadhouse in sè è molto bella. Sulle pareti ci sono attaccate cianfrusaglie di ogni tipo: cappelli, banconote, cartoline, reggiseni... Sicchè quando si entra pare che da un momento all'altro stia per succedere qualcosa di clamorosamente pazzesco!
L'accomodation è la più cheap mai trovata: 5 $! E' il posto van è anche powered! Cioè fornito di energia elettrica. Sicchè ho anche la possibilità di cucinarmi la seconda pasta sul fornello elettrico di Ludovico (la prima era stata a Uluru)!

Red Centre

Martedì 28 luglio la sveglia è ancora una volta di quelle che ti fanno gastemare tutt i sand e i madonn d stu munn (scusate il foggianish ma nessun'altra lingua rende meglio il concetto), perché Ludovico è lento e devo affrontare i quasi 550 km che mi separano dalla meta principe di questo viaggio: Uluru. Quel freccione (foggianish per "grossa pietra") rosso ocra in mezzo al deserto altrimenti noto come Ayers Rock.
Per raggiungere Uluru circa 200 km a sud di Alice Springs occorre prendere una deviazione dalla Stuart Highway che prosegue verso ovest e prende il nome di Lasseter Highway. E' lunga ragazzi, non c'è che dire, e l'attesa e i km precedenti la rendono ancora più lunga di quanto sia realmente.

Stavo guidando da un bel pezzo sulla Lasseter quando una grossa sagoma all'orizzonte cattura la mia attenzione. Strizzo gli occhi un paio di volte ma mi rendo subito conto che non si tratta di Lui ma del monte Connar, molto simile a Uluru. Per fortuna avevo letto di questo suo parente per cui non ho esultato inutilmente come fanno invece molti babbei... xD
Dopo una 50 di km però la sagoma che si scorge è quella giusta. Non riesco a descrivere cosa ho provato dopo il primo sguardo. Stupore, incredulità, gioia e costernazione tutte mischiate insieme.
Ce l'avevo fatta!
Nonostante i problemi e le incertezze precedenti avevo condotto Ludovico attraverso il deserto nel cuore dell'Australia al cospetto di uno dei monumenti più belli della natura.
Una soddisfazione che mi rimarrà per sempre.
Mi trovavo lì, da solo a bordo di Ludovico e ce l'avevo davanti... Avrò guidato con la bocca spalancata per diversi km per poi indossare un ghigno trionfante... colonna sonora di tutto ciò "The Ecstasy of Gold" del maestro Ennio Morricone.
Passata la prima fase di sbigottimento alle 14:00 sono già al parcheggio del Mala Walk per intraprendere il periplo di The Rock (come viene chiamato amichevolmente). Si tratta di 10 km che toccano alcuni punti importanti, come siti sacri per gli Anangu (la popolazione aborigena locale), sorgenti d'acqua, gole e siti di arte rupestre. Il percordo non è affatto impegnativo fisicamente essendo pianeggiante, ma lascia comunque il segno perché si sta camminando intorno al monolite più famoso del mondo! Roba che non capita tutti i giorni insomma...
Finita la passeggiata con le batterie della macchinetta completamente scariche per le decine e decine di foto scattate è il momento di ammirare il tramonto su Uluru. L'orario previsto è per le 18:25 e benchè sia lì 40 minuti prima trovo già una mandria di avvantaggiati che avevano fatto più brutto di me. E io che pensavo di aver fatto peggio di tutti... =D
Durante le varie fasi del tramonto, Uluru assume diverse tonalità: dall'ocra acceso passa gradualmente al marrone scuro e assistervi è uno spettacolo che da solo vale il prezzo del biglietto (d'ingresso al parco 25$ a persona :P). Purtroppo è difficile descriverlo a parole...per cui se volete sapere di cosa sto parlando compratevi un biglietto aereo e venite in Australia a dare un'occhiata!
L'altra "grossa" esperienza legata ad Uluru è la prima pasta cucinata all'interno di Ludovico! =D
Praticamente se attacco Ludo ad una normale rete elettrica ho a disposizione prese interne per caricare le batterie ed un "potentissimo" fornello elettrico!!! xD
Cucinare nel deserto a poca distanza da Uluru e sotto un cielo che più stellato non si può è un'altra di quelle cose più uniche che rare che posso fregiarmi di aver fatto...

Il mattino seguente (29 luglio) è di nuovo superlevataccia per ammirare l'alba su Uluru. Anche stavolta pensavo di essere tra i primi a guadagnare uno spot decente. Errore. C'è già una masnada di gente e riuscire a trovare un posto buono da cui scattare foto senza avere altre persone tra i piedi è veramente dura. L'alba, prevista per le 7:18, non delude le aspettative anche se il tramonto resta comunque più suggestivo.

Archiviata la pratica “alba su Uluru” mi metto in marcia verso l'altra attrazione dell'Uluru-Kata Tjuta National Park, le Kata Tjuta appunto che nella lingua degli Anangu significa “molte teste”. Si tratta di monoliti molto più piccoli di Uluru ma molto vicini tra loro, tanto da formare gole e valli. All'interno di queste si trovano siti sacri per gli Anangu per cui è proibito camminare fuori dal tracciato oppure accedere a determinate zone. Poco male perché comunque i sentieri consentono di ammirare praticamente tutte le zone interessanti. La giornata è soleggiata ma parecchio ventosa in mezzo ai monoliti. Non a caso un tracciato è appunto chiamato Valley of the Winds.
Siccome in viaggio perdere tempo è impossibile, nonchè vietato, nel primo pomeriggio, subito dopo le Kata Tjuta, sono in viaggio per il Kings Canyon, distante circa 300 km. Per coprirli c'ho messo un po' dato che Ludovico non è un fulmine di guerra, ma per fortuna sono arrivato giusto in tempo per ammirare il tramonto! :P
Anzi, ho avuto addirittura il tempo di trainare la macchina di una famiglia aborigena ad una roadhouse per riparare la cinghia!!!

Al resort del Kings Canyon National Park conosco due francesi mezzi matti, con cui il mattino dopo (30 luglio), senza manco esserci messi d'accordo, ci troviamo al parcheggio da cui comincia la passeggiata lungo il Kings Canyon. Al che decidiamo di farci questa sgambata in reciproca compagnia. E che sgambata! I primi 50 metri sono su una scalinata naturale praticamente verticale, poi per fortuna il resto del percorso prosegue lungo il bordo del Canyon con pendenze nulle o ridicole.
La parte interna della gola è molto bella, soprattutto quando si arriva in fondo al cospetto di una parete rocciosa completamente liscia.
Si può anche scendere all'interno dove una piccola cascata forma un bacino che da solo ospita un intero microcosmo di creature non più presenti altrove a causa delle mutate condizioni climatiche nel corso di milioni di anni.
Dopo il percorso “long” affrontato coi due francesi sul bordo del Canyon, avendo un patrimonio di qualche ora da poter spendere, decido di percorrere rapidamente la camminata “short”, lunga solo 1 km, all'interno del Canyon. Nulla di che però, potevo anche risparmiarmela...

Dopo la visita al Kings Canyon è il momento di riprendere la Stuart Highway, detta anche Explorers' Highway e di raggiungere Alice “sboc” Springs. Arrivo in serata verso le 20:00 e dopo un inutile vagare tra caravan parks alla ricerca di un posto (tutti busy o abominevolmente expensive) decido che è la volta buona di fare il punk e dormire dove capita, così mi parcheggio davanti ad un caravan park, in cui avevo tentato inutilmente di contattare la reception per un late check-in, e passo lì la notte dormendo placidamente dentro Ludo, svegliato di tanto in tanto solo da qualche residente del caravan park che porta fuori il proprio cane per pisciarlo.
;)

giovedì 3 settembre 2009

Coober Pedy

Domenica 26 luglio mi sveglio di buon'ora e alle 7 sono già in viaggio. Mi aspettano 540 km per Coober Pedy in solitaria. Non nego che la cosa la sera prima mi aveva fatto un po' paura. Fortunatamente però il mattino dopo ho pochi pensieri per la testa, anzi solo uno: portare Ludovico attraverso il deserto a Coober Pedy.
Parto all'alba con una canzone ben precisa nella testa e negli auricolari: Wind of Change degli Scorpions...accompagnata dal sole del deserto che si leva alla mia destra abbagliandomi dolcemente. Tutti i dubbi e le ansie se ne vanno sulle note della canzone, e la notte piovosa lascia il posto ad una calda mattinata.
Sulla strada solo 2 soste tecniche per riformimento. La prima a Pimba e la seconda a Glendambo, il cui cartello di benvenuto descrive le composizione della popolazione...


xD

Arrivo a Coober Pedy nel primo pomeriggio, così ho il tempo di visitare il Big Winch Lookout e due chiese sotterranee: la Revival Church e la St Paul and St Peter Church, eretta dall'associazione minatori italiani di Coober Pedy in memoria di uno di loro morto nel 1965.



Coober Pedy è anche detta Opal City e il motivo è presto detto: la cittadina stessa è un'enorme miniera di opale in mezzo al deserto e tutto in città gira intorno a questo. Arrivando da sud ci sono tantissimi cartelli che indicano la presenza di miniere nei dintorni e invitano alla prudenza per la presenza di pozzi non segnalati.
A me è sembrata un enorme set di un film postapocalittico a causa della luce rossastra che la pervade e della presenza dappertutto di relitti meccanici, che le conferiscono qualcosa di spettrale e surreale.
A Coober Perdy alloggio al Radeka's Downunder, un ostello/motel costruito in gran parte 6,5 metri sottoterra sulla scorta delle dugout, le case sotterranee costruite in questa regione del deserto. Il motivo è semplice. D'estate quando fuori ci sono 50° nel dugout ce ne sono 25, mentre d'inverno se di notte fa 0° nel dugout addirittura 23. Il proprietario è un personaggio con barbona e cappellaccio di pelle a tese larghe di nome Martyn, molto alla mano e disponibile. Dopo 6 giorni di viaggio questo è il primo ostello che mi concedo. Il prossimo forse ad Alice Springs.

Lunedì 27 sveglia comoda e giro per Coober Pedy in attesa dell'inizio del tour di cui avanti. Per conto mio visito le chiese sotterranee (nulla di che, mi aspettavo molto meglio...) e il nuovo cimitero in stile Master of Puppets



(se non sapete di cosa sto parlando googleggiate su google immagini) che vanta le tombe più bizzarre che abbia mai visto: attrezzi da lavoro, barili di birra, castelli in miniatura, ecc. Verso le 12:15 benza, controllo pressione gomme e rientro al Radeka's dove mi attende un tour di Coober Pedy e dintorni. Scopro subito che il tour comprende anche 1 delle 3 chiese, viste in precedenza, e il cimitero...ma vabè... Il tizio che lo conduce è un greco di nome Dimitrios o Jimmy the Runner per gli amicici di Coober e vive a Coober Pedy dal 1963. E' una sorta di capo carismatico di Coober Pedy, fa parte di tutti i circoli, è membro di tutte le associazioni nonchè apprezzato minatore ancora adesso all'età di circa 65 anni, e il soprannome deriva dalla sua rapidità nella fuga dopo aver acceso la miccia dell'esplosivo usato sul lavoro.

Sul bus sono in compagnia di due coppie neozelandesi e Jimmy ci porta in giro per Coober illustrando nei minimi particolari ogni singolo angolo della cittadina. Praticamente non tace mai. Poi finalmente si va fuori: campo da golf brullo, giro per i mine fields con tanto di noodling (una minchiata secondo me: praticamente ti lasciano cercare l'opale a mani nude in mezzo a delle macerie...mmmah...) e visita alla casa di Harry Crocodile, un mezzo matto di origine tedesca che negli anni '60 si trasferì in Australia per cacciare coccodrilli e che viveva in una specie di antro arredato e decorato da lui stesso nei modi più assurdi. Poi Breakaway Reserve, un'enorme spianata desertica a circa 30 km da Coober Pedy che n milioni di anni fa era ricoperta dall'oceano.
Laggiù il tour di fa davvero interessante dato che Jimmy guida il bus giù sulla spianata a pochi metri da una coppia di curiose colline sacre per gli aborigeni del posto e chiamate “black dog and white dog”.



A vederle tutto sembrano tranne che cani...ma vabè... Dopo la Breakaway Reserve è la volta della dog fence, la recinzione più lunga al mondo (3500 km mi sa) che serve a tenere lontani quei fottuti dei dingo dalle fattorie di animali. Infine il Moon Plain, una pezzetto di deserto che somiglia molto alla superficie lunare.

Finito il tour alle 17:00 in punto schizzo a bordo di Ludovico e dopo 250 km circa, di cui gli ultimi 60 attraversando un territorio “infestato” da vacche, giungo alla roadhouse di Marla dove trascorro la notte antecedente al tappone uluriano!

Chi fa da sè fa per 3

Dopo 5 mesi circa dal primo road trip australiano, 2600 km lungo la east coast, finalmente il secondo. Si parte da Sydney e si arriva a Darwin. Circa 6000 km in mezzo all'Australia. Dopo 3 giorni di viaggio però (e ovviamente) i piani erano già andati a puttane un paio di volte... xD

La Clockwork Orange Krew si riunisce al Manly Backpackers una settimana prima della data fissata per la partenza: lunedì 20 luglio 2009, mentre Ludovico si unisce alla ciurma soltanto 3 giorni e mezzo prima. Sufficienti a pulirlo e dotarlo di alcuni strumenti indispensabili per il viaggio (cazzate ingombranti in realtà).

Si parte di mattina alle ore 10:00 circa. Partenza comoda perché dopo 4 mesi di sedentarietà è il meglio che si possa fare...



Il tempo soleggiato è dalla nostra parte e Ludovico parte abbastanza bene, ma ben presto si trova a soffrire la Great Dividing Range. Per questo la velocità di crociera non è elevatissima (max 80 km/h) tant'è che si finisce la prima tappa con un bottino di “soli” 350 km, da Sydney a Cowra (NSW).
Durante il primo giorno di viaggio visitiamo Bathurst, un paesello alle porte di Sydney "famoso" (qua le virgolette ci stanno tutte) per i motori (mmmah...) e per il suo circuito automobilistico cittadino, dove si può guidare liberamente con la propria auto. Noi ovviamente con Ludovico abbiamo fatto registrare un record...il giro più lento della storia!!! Oh un record è comunque un record... ^^



La notte l'abbiamo trascorsa a Cowra, un paese nell'outback del NSW, dove faceva un freddo della mamma di Gesù.

Il secondo giorno comincia prestissimo: sveglia alle 5 del mattino e partenza alle 6 e mezza. Giunti a Hillston (NSW) ci rendiamo conto che il percorso da me tracciato non può essere seguito a causa di un piccolo particolare: prevede il transito su strade sterrate... -.-”
Decidiamo quindi al volo di svoltare a sud verso Mildura (VIC). Il nuovo percorso ci porta prima ad Hay, dove diamo una rapida occhiata alla vecchia galera/manicomio/ospedale, oggi adibita a museo e alla Bishop's Lodge, la residenza di un vescovo construita alla fine dell'800 completamente in lamiera...pure le pareti!!!



A Mildura timbriamo il cartellino nel Victoria e proseguiamo per il South Australia. Il programma del secondo giorno prevedeva il transito tra i Menindee Lakes, circa 100 km a est-sudest di Broken Hill e pernottamento nella medesima. Ma come già detto, sputtanata la seconda tappa, decidiamo di pernottare a Renmark (SA), una cittadina a pochi kilometri dal confine col Victoria, con un bottino di 863 km.
Il campeggio di Renmark è di alto livello ed anche molto bello, si adagia infatti lungo il Murray River. Uno di quei posti dove d'estate ci spenderesti volentieri 2-3 giorni ignoranti. Ma essendoci passati d'inverno, una notte è più che sufficiente! ;)





Il terzo giorno comincia meno presto: sveglia alle 6 e partenza alle 7 e 15. Prima tappa forzata Burra per rifornimento carburante e trick cartina (operato con maestria da Gigia Golosa). Seconda tappa, sempre forzata, Hallet per cambio gomma (@#!§ç^”£!!!). Terza tappa (non forzata finalmente) è Peterborough, per visitare la misteriosa Magnetic Hill. Come dice il nome, trattasi di una collina magnetica, dove un veicolo a motore spento e a folle risale la salita grazie al magnetismo della collina. Una bella minchiata dove fare un video minchione! ^^
A causa del contrattempo della foratura, anche la terza tappa va a puttane e si decide di pernottare a Hawker, spaccando così la terza in due tappe.
Prima di passare la notte in campeggio, una rapida visita allo Jarvis Lookout, da dove si domina la vallata di Hawker e si ha una splendida vista della Flinders Range.

Giovedì 23 luglio è la volta del Flinders Range National Park. Un groviglio di strade sterrate contornate da paesaggi così verdeggianti che è difficile credere che il deserto sia lì a pochi kilometri. Tra finti lookout e incontri più o meno ravvicinati con canguri e struzzi (o presunti tali) la giornata vola che è una bellezza. Sulla strada verso Port Augusta ci fermiamo anche alle Yorrambulla Caves, un sito di arte rupestre aborigena e alle rovine di Kanyaka, un'azienda agricola fondata nell'800 e ormai diroccata.
Giunti a Port Augusta ci fiondiamo all'Australian Arid Lands Botanic Garden, da dove c'è uno degli innumerevoli lookout fasulli del South Australia (poi magari ne parlerò meglio...o forse no!), dopodiché spesa al Woolworths, il più caro della catena mai incontrato, benza e partenza per Woomera, uno sputo del demonio sulla strada per Coober Pedy, a 170 km da Port Augusta.
La strada si insinua nel deserto sin dalle porte di PA e offre un panorama stupendo al tramonto.
Al caravan park di Woomera, i Drughi si eseguono nell'ormai collaudato numero della “bilocazione inversa”, che consiste molto semplicemente nel dichiarare 2 persone invece di 3... ^^

Venerdì 24 luglio 2009 è una giornata che non dimenticherò mai. E' il giorno della svolta.
Pronti per partire, Ludovico decide che non è giornata e non ne vuole sapere di avviarsi. Chiediamo allora al proprietario del caravan park di chiamarci un meccanico (che veniva dalla vicina roadhouse di Pimba). Cominciano i guai. Il meccanico solo per la chiamata si prende 40 $ (stica!) e il proprietario del caravan park sgama Marco in clandestinità. In un primo momento riesco a convincere però il tipo che Marco era arrivato qualche ora prima in autostop e che non aveva dormito nel van con noi, così mi faccio dare indietro i 10 $ di sovrapprezzo per la terza persona. Dopo qualche minuto però il tizio torna alla carica e mi spara una bullshit clamorosa: dice di aver parlato col meccanico il quale gli ha riferito di averci visto passare la sera prima davanti alla sua roadhouse in 3 nel van. Una cosa che ha a dir poco del pazzesco!!! Noi siamo sì passati davanti alla roadhouse la sera prima ma le condizioni erano le seguenti:
1) buio pesto
2) 100 metri almeno tra il van (buio all'interno e con tendine) e la roadhouse
3) velocità di Ludovico almeno 80 km/h
Eccovi serviti tutti i crismi per battezzare l'uscita del proprietario del caravan park come “bullshit” con la B maiuscola. Tento di rattoppare la situazione ma il tizio è irremovibile: ci intima di predere la nostra roba e di andare subito via per non tornare mai più! Tanto alla fine aveva anche ragione... :P
Nel frattempo il fantomatico meccanico di Pimba (la roadhouse a 6 km da Woomera), dopo alcuni tentativi di riavviare Ludovico a traino, fa la sua diagnosi che ha tutta l'aria di essere un'altra puttanata, ma che al momento ci ha fatto cagare addosso. Il carburatore si è fuso per il calore, ecco perché il van non si avvia – sentenzia dietro i suoi baffoni e le sue guanciotte rubiconde – vi serve un nuovo motore...
EEEEEEEEH?!?!?!?!?!
Per alcuni minuti è il panico: cacciati dal campeggio e senza mezzo di trasporto.
Ripreso il controllo decidiamo di farci trainare dal meccanico alla roadhouse (per la modica di altri 20$!!!). Lì inizia un turbinio di telefonate. Il proprietario della roadhouse mi dà il numero di telefono di un meccanico di Port Augusta. Chiamo sto tizio il quale mi dice di chiamare l'RAA (una sorta di ACI del South Australia). Allora chiamo l'RAA dove di dicono di sentire l'RTA, in quanto il mio veicolo è immatricolato nel New South Wales. Colmo dei colmi l'RTA mi passa l'NRMA!!! Una specie di società di servizi stradali/assicurazione. Passo almeno un'ora al telefono con una certa Ansella, che prende molto a cuore la mia situazione, tant'è che alla fine mi dice le cose come stanno. La membership con l'NRMA può servirci a poco nella nostra situazione, tanto vale chiamare una towing company qualsiasi e farci trainare a nostre spese. Detto fatto: 500$ di charge e tante ore tra attesa e trasporto e siamo di nuovo a Port Augusta, da un meccanico Volkswagen segnalatomi dalla buona Ansella.

Sto tizio è un personaggio. Lavora con una flemma da far saltare i nervi a chiunque non sia del South Australia e usa mugugnare ogni 30 secondi circa, cosicché non sai mai se sta pensando o se è un tick. A fine serata sembra aver trovato l'origine del guasto e conclude il suo lavoro dicendoci che non è nulla di grave ma che ce lo riparerà domani. Noi nel frattempo possiamo accamparci davanti alla sua officina. Io lì per lì pensavo stesse scherzando e invece no! Abbiamo attaccato Ludovico alla corrente elettrica, così da far funzionare il sistema elettrico interno, e come acqua corrente una buona vecchia pompa da giardino. Una serata passata in compagnia del meccanico e del suo aiutante a bere lattine su lattine di rum e cola tra una fregnaccia e l'altra! Roba che ti può succedere solo in Australia, penso... xD

Il mattino dopo, la svolta si conclude. Gigi e Marco decidono di andare ad Adelaide in autobus, lasciando me e Ludovico a Port Auguta con un grande punto interrogativo addosso. Ci salutiamo così davanti all'officina del meccanico intorno alle 10:30. Loro prendono il taxi per il bus terminal mentre il sottoscritto resta al capezzale di Ludo.
Passo tutta la giornata lì, in attesa che Ludovico sia di nuovo abile e arruolabile per il viaggio verso nord. Alle 17:30 finalmente è pronto! Il danno principale era al motorino d'avviamento, troppo debole e letteralmente cotto. Più altre due cosette: un problemino alle valvole e mancanza di guarnizione isolante nel vano motore. Tutto fixato per la modica cifra di 700$! Mecojoni!!!
Svenato e alquanto provato dalla lunga lunghissima giornata ho solo la forza di fare la spesa e parcheggiarmi al caravan park di Port Augusta. Cena, doccia e a nanna presto.

Si conclude così la prima parte di questo viaggio, che ci vedeva in 3 ma che dopo neanche una settimana vedeva solo me...